La Radio è molto cambiata dal punto di vista tecnologico. Se devo fare uno sforzo di memoria, penso che il primo studio radiofonico che ho visto sia stato nel 1974 o giù di lì quando - giovane studente ginnasiale - partecipai, con altri pendolari, ad una protesta per i cronici ritardi dei treni con un blocco alla stazione di Châtillon. Una piccola delegazione andò alla "Rai", dove incontrammo il giornalista Daniele Amedeo, che intervistò alcuni di noi nello studio radiofonico di via Chambéry ad Aosta. Sei anni dopo, ci entrai come praticante giornalista. Ma, nel frattempo, mi ero fatto lo ossa in quella sorta di happening, che fu "Radio Saint-Vincent", con studi alla buona ma una grande vitalità e avevo lavorato dal 1978 nella frizzante "Radio Reporter 93" di Torino in un ambiente haut de gamme. In quest'ultima avevo visto studi più professionali, giradischi mirabolanti e registratori a cassetta. In "Rai", invece, era il regno di studi felpati, dove il silenzio era immacolato per la perfetta sonorizzazione, e il trionfo del nastro: ogni sospiro era un pezzo di plastica magnetizzata di una bobina e il montaggio lo faceva il tecnico con un taglio e lo "scotch". Fui tra i primi giornalisti a uscire da solo con il registratore a bobina "Nagra" e a fare, sempre da solo, i collegamenti via radio con il trasmettitore della "Pastega". Al mio ritorno in "Rai" (più o meno 22 anni dopo il mio primo mandato da deputato), a parte lo spostamento da Aosta a Sant-Christophe della sede e la nuova responsabilità ai Programmi, lasciando il posto che avevo conservato in redazione, mi sono trovato con sistemi di registrazioni e montaggio digitalizzati, con voce e musica che possono essere montati attraverso la trasformazione in un sghiribizzo, che compare su di un monitor e che si taglia direttamente sul suono, senza più un supporto fisico vero e proprio. Gli studi non sono cambiati molto e i monumentali microfoni sono stati sostituiti da cuffie con annesso il microfono, che ti fanno somigliare a Topolino. Quest'estate ho fatto quattro settimane di radio regionale in sei giorni su sette e da settembre mi sono ritagliato una ventina di puntate ogni martedì in una trasmissione, assieme ad Elena Meynet, dedicata ai "Colori". Ho fatto "verde" e "blu" e sono pronto, domani, per il "giallo". La radio è racconto, affabulazione, dialogo con gli ospiti, scelta delle musiche. Un tempo esistevano solo i dischi e passavo molto tempo nella scelta, oggi la musica la trovi ovunque, anche se la "Rai" ha sistemi di ricerca piuttosto sofisticati. Insomma: il ritorno ad un vecchio amore, tenuto vivo con appuntamenti fittissimi nella vecchia "Radio Monte Rosa", quando era radio valdostana con gli studi sopra le Poste ad Issogne e poi negli studi vicino al "mulino Pavetto" di "Top Italia Radio" ad Aosta. Quando penso alla mia vecchiaia, a quando lascerò il lavoro, mi piace pensare di diventare una voce che fa compagnia, magari di prima mattina, su di una radio valdostana, raccontando storie del passato e del presente. Chissà con diavolerie tecnologiche arriveranno anche per la ricezione, visto che dalla vecchia modulazione di frequenza (FM) si passerà alla radio digitale (DAB), ma intanto trovi radio sul Web in streaming e in podcast. La Radio galoppa e io vorrei restare in sella. Intanto, ogni martedì, mi occupo di "Colori": dalle 12.30 su "Radio1", la radio pubblica regionale.