La politica resta per me una grande passione, perché temo di averla nel DNA, per cui mi scuso se troppo spesso ne parlo. In questi giorni, si saprà quanti valdostani e con quali schieramenti si candideranno per le elezioni europee, giunte al loro ottavo appuntamento democratico, in un periodo particolarmente complesso e difficile per il processo d'integrazione europea. Faccio i miei migliori auguri a chi parteciperà alla competizione: chi mi conosce sa che non coltivavo ambizioni per una mia candidatura, non essendo né il momento e non essendoci neppure le circostanze. Ma qualche pensiero vorrei annotarlo. Le Europee sono le uniche elezioni che ho visto nascere, considerata la tardiva scelta di consultazioni democratiche per un'Assemblea che nel tempo, almeno questo è positivo nel deserto della democrazia europea, ha acquisito un peso fra le istituzioni comunitarie. Il mio primo punto di osservazione, assai divertente, fu uno dei momenti chiave di esordio della mia carriera di giornalista televisivo. Con il sottoscritto "mezzobusto" negli studi di "Rta" in cima al "Palazzo Fiat" di Aosta e Massimo Boccarella in diretta da Palazzo regionale, seguimmo questa competizione ai suoi esordi il 10 giugno del 1979. Nel 1984 lo feci, per le seconde elezioni, dagli studi della "Rai", mentre nel 1989 mi trovai ad essere candidato proprio per le Europee, dopo l'elezione a deputato a Roma due anni prima. Era una candidatura di bandiera nella lista "Federalismo". Questa lista, sotto l'egida dell'Union Valdôtaine e di Bruno Salvadori, aveva corso in tutta Italia già nel 1979, fallendo lo scopo, mentre nel 1984 aveva visto l'elezione del sardista Michele Columbu, con una rotazione a favore del valdostano che non si concretizzò. Nel 1989 la lista "Federalismo", oltre al Partito Sardo d'Azione e all'Union Valdôtaine, comprendeva il Movimento Autonomista Occitano, il Movimento Friuli, il Movimento Meridionale, la Slovenska Skupnost, l'Union für Südtirol e l'Unione del Popolo Veneto. In queste elezioni la lista ottenne lo 0,60 per cento dei voti con oltre 200mila voti di lista, confermando il suo seggio a Strasburgo con l'ex presidente della Sardegna Mario Melis del PSd'Az. Scattò dunque il quorum per l'ultimo resto nella circoscrizione Isole Sardegna-Sicilia, dove io stesso ero stato candidato con un buon esito che mi fece arrivare terzo. Sembrava che, quella volta, ci sarebbe stata la rotazione, ma successe una vicenda tragicomica: il secondo arrivato, anch'egli sardista, per andare al Parlamento europeo in fretta, fece mettere una bomba da un malvivente per ammazzare Melis nella sua casa al mare, che si salvò perché era andato a fare la pipì durante lo scoppio. La mia rotazione per ovvie ragioni... saltò. Mi ritrovai di nuovo candidato nella lista autonomista apparentata con i Democratici di Romano Prodi nel 1999 e con 28.700 preferenze mi piazzai primo dei non eletti fra i candidati della lista madre. Un annetto dopo, con le dimissioni di Massimo Cacciari che entrò nel Consiglio regionale del Veneto, divenni parlamentare europeo. Una bellissima e difficile esperienza - arricchita anche dal ruolo di presidente di Commissione - che mi ha dato una visione dell'Europa e della politica del tutto particolare e che ricordo con grande gioia, avendola poi in parte prolungata con i dieci anni successivi al "Comitato delle Regioni". E' davvero un vulnus notevole che non si sia mai riusciti ad avere, come dovrebbe essere, un sistema elettorale che garantisca o almeno faciliti davvero per la Valle d'Aosta l'ottenimento di un parlamentare europeo. Sarebbe giusto e legittimo che così fosse, ma in tempi di assedio al regime autonomistico sarebbe già bello non fare troppi passi indietro.