Esiste un'evidente omissione di comodo sulla questione dei vaccini. Sappiamo tutti che l'unica vera soluzione per stoppare il virus, come avvenne per pandemie del passato, è una campagna vaccinale seria e condivisa. E tutti si spendono su questo tema, ma esiste un'area oscura composta dai "noVax" e dagli indifferenti, sapendo come i primi assai aggressivi e diffusori di balle spaziali influenzino quella parte di popolazione debole e pronta ad inseguire strade sbagliate. Per cui - mi autodenuncio - come «babbeo neopositivista», essendomi vaccinato anche in età adulta, visto che ho fatto il vaccino esavalente, quando sono nati i miei primi due figli non avendo fatto - e non so perché - nessuna malattia infantile, pur frequentando i miei coetanei «untori».
E sarei anche un «papà di m***a», come venni apostrofato da un simpatico anonimo, avendo vaccinato i miei figli con vaccini obbligatori e facoltativi. Colpa a sua volta di mio papà - semplice veterinario di montagna - che mi ha allevato credendo nella Scienza, avendo vissuto la sua vita con malattie terribili ancora attive, che hanno sfiorato ancora la mia infanzia - tipo tubercolosi o poliomielite - e che sono state debellate proprio dai vaccini, almeno per chi come me ritiene che sia stato così senza immaginare chissà quali affari occulti e misteriosi nel nome dei loschi interessi di "Big Pharma" e di spietati ricercatori che ci vogliono morti assieme alla pletora di medici che fingono di curarci. Non mi piacciono, per partito preso, le logiche integraliste e settarie, ma in democrazia è giusto ascoltare tutti, sempre a condizione che le loro condizioni non danneggino altri. E' la solita storia, di kantiana memoria, della "mia libertà che finisce dove comincia quella altrui" e qui in gioco ci sono i rischi - ampiamente documentati - perché chi non vaccina i propri figli attenta alla salute e persino alla vita di quelli altrui e, nel caso della pandemia, non consente l'immunità di gregge e dunque danneggia gli altri. In una comunità civile e coesa non non ci dovrebbe essere obbligo di essere sottoposti alle vaccinazioni, perché dovrebbe essere considerato un dovere civico. Lo scrivo pur sapendo che in questa come in altre occasioni verrò insultato in qualche modo da chi è convinto di avere delle certezze sul tema diametralmente opposte alle mie con la differenza che io mai reagirei insultando qualcuno. E non è poco. Per certe idee c'è chi, al posto del disprezzo, si è trovato anche minacciato di morte. «La terra è tonda, la benzina è infiammabile, i vaccini non provocano l'autismo. La scienza ci dice che i vaccini sono sicuri e affidabili e che proteggono i bambini e l'intera società da pericolosissime malattie. Però se vi collegate a Internet trovate un gran numero di medici e personaggi vari che vi dicono l'esatto contrario e che vi vogliono fregare. I praticoni che affollano la rete non solo mettono in pericolo il vostro conto corrente, ma anche la salute vostra, dei vostri figli e dei figli degli altri». Così ha scritto l'autore, ma ovviamente vale ora anche per gli adulti, del libro esemplare "Il vaccino non è un'opinione", Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all'università "Vita-Salute - San Raffaele" di Milano. Burioni, che scrive sui "social" di questi temi e lo ha fatto anche in questi mesi cupi, affrontando frotte di persone che lo insultano e costruiscono "fake news" su di lui, ha il pregio di essere chiaro e di avere anche detto che «la scienza non è democratica. Significa infatti che i dati scientifici non sono sottoposti a validazione elettorale: se anche il 99 per cento del mondo votasse dicendo che "due più due fa cinque", ancora continuerebbe a fare quattro. Poi ognuno è libero di dimostrare che non è vero; ma fino a quando non l'ha dimostrato, "due più due fa quattro" anche se molti non sono d'accordo. La scienza non va a maggioranza. Nello sport è molto chiaro. Ha mai sentito fare una telecronaca di basket da qualcuno che non conosce le regole del gioco? E una di calcio senza sapere che cos'è il fuorigioco?». Il tono è ruvido ma condivisibile ed obbliga a riflettere sui doveri da imporre a chi non ci arriva. Si può fare? Hanno scritto bene sul "Sole - 24 ore" Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani: «Partendo dall'alto, la nostra Costituzione consente al legislatore di prevedere un obbligo vaccinale, se ciò è ragionevole allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica. L'articolo 32, infatti, tutela la salute non solo come diritto fondamentale del singolo ma altresì come interesse della collettività e permette di imporre un trattamento sanitario se diretto "non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri" (così la Corte costituzionale, nella importante sentenza numero 5 del 2018)». Certo bisogna farlo attraverso una legge e un perimetro viene citato dagli autori: «La profilassi potrebbe essere requisito indispensabile per l'esercizio della professione medica o infermieristica e per chiunque lavori nelle residenze per anziani, per l'inevitabile contatto dei sanitari con persone affette da altre patologie o in là con gli anni. Così come non vediamo difficoltà a prevedere un obbligo di vaccinazione per il corpo docente e non docente delle scuole, per i rappresentanti delle forze dell'ordine e per tutti i soggetti che per lavoro hanno un contatto frequente e diretto con un numero elevato di persone, soprattutto se fanno parte della pubblica amministrazione. Chi non esercita queste professioni non sarebbe così soggetto ad alcuna imposizione. Tuttavia, alcune attività pericolose per la trasmissione del virus sarebbero riservate solo a chi è vaccinato. Ci riferiamo, ad esempio, a tutte quelle in cui è altamente probabile la compresenza di molte persone in un unico luogo. Dagli stadi, ai cinema, ai teatri, per passare ai campi sportivi, ai bar, ai locali, ai ristoranti, fino ai mezzi di trasporto. Tutti questi luoghi potrebbe riprendere gradualmente vita, se a frequentarli fossero solo persone che non sono a rischio di contagio e dunque di ulteriore diffusione della malattia». Tutto questo è da considerarsi buonsenso e pure solidarietà sociale e la libertà - con buona pace dei libertari che si alimentano di integralismo - non c'entra affatto.