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26 mar 2023

Chi meno sa, più pontifica

di Luciano Caveri

Forse, se dovessi fare un bilancio di tanti anni di attività politica, un rebus irrisolvibile è quello di come diavolo sia possibile che ci sia chi, in questa attività cosi decisiva per le sorti del bene pubblico, si esprima su argomenti vari, dimostrando di non conoscerli affatto o solo in modo superficiale, senza farsene per nulla un complesso. Anzi, come ha annotato un mio caro amico con mirabile sintesi, esiste quasi un rapporto inverso da esaminare con attenzione: chi meno ne sa, più pontifica. Non credo che questo atteggiamento sia solo figlio del crescente populismo, cioè di un atteggiamento superficiale di chi miri in primis a piacere agli elettori, cavalcandone gli umori senza pensare mai troppo alle conseguenze e neppure naturalmente ai contenuti. Il fatto che spesso questo comporti successi personali è aspetto deprimente di una democrazia che ha certi bug che la rendono in certi casi imperfetta, benché insostituibile. Purtroppo questa logica del parlare a vanvera finisce per essere una sorta di normalità, che ho visto all’opera molte volte, partecipando a discussione in assemblee elettive o a riunioni politiche in cui tu ti presenti dopo aver studiato e approfondito una questione e - nel nome della legittima libertà di espressione - c’è chi interviene dimostrando superficialità o assenza di conoscenze sul tema affrontato. Eppure - apriti cielo! - ti spiega e ti legge la vita e disegna scenari improbabile o ridicoli sull’argomento su cui ci si confronta. Spesso in più - ho visto alcuni oratori esibirsi in questo modo - quel che loro leggono non è affatto farina del loro sacco, ma di qualche scribacchino (ghost writer) che prepara interventi che loro si limitano a leggere, talvolta persino in modo inefficace se non sgraziato. Vien persino da sorridere in certe circostanze e sovviene una filastrocca infantile: “Pappagallo ripetente, che va a scuola e non sa niente ... la lezione non la sa, all'inferno finirà!”. L’esperienza insegna che controbattere risulta inutile, pur avendo dati alla mano e spiegazioni precise sui punti. Lui sa (o almeno - come dicevo - segue quanto qualcuno gli ha scritto) e tu no e purtroppo conta poco che ti caschino le braccia di fronte alla vuota prosopopea, quando l’ignoranza (nel senso di non conoscenza ma pure di personale vuoto culturale o intellettivo) viene spacciata per preclara verità. Capita in altrettanta maniera evidente con chi in interviste date ai giornalisti approccia questioni complicate, che si evidenzia come non conosca, indicando però con grande sicumera quale dovrebbe essere la strada da seguire in barba a chi su certe carte ha sudato e almeno ne conosce i contenuti. Forse è questo il peggio in politica di chi fa politica o l’ha fatta o spera di farla. Quest’ultima categoria è stata anch’essa oggetto di ripetute osservazioni. Li ho visti arrivare in politica, dopo un percorso in cui in genere la loro premessa era “politica e politici fan schifo”. Poi alle elezioni successive spuntano in lista come candidati duri e puri, pronti finalmente a mettere a posto le cose. Messi alla prova, certi polemisti si dimostrano poi imbattibili nella parte distruttiva, mediocri in quella costruttiva. Certo è che la responsabilità di certe situazioni non è solo dei singoli soggetti, ma di chi li supporta e - scusate il banale gioco di parole - di chi li sopporta. Elettori compresi. Vale per tutti noi quel che ha detto Rita Levi-Montalcini: ”Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella "zona grigia" in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva”.