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07 set 2023

Quanti anni sono passati…

di Luciano Caveri

“Il solito dubbio: se ricordare o dimenticare, rompere i ponti col passato o scaldarselo in cuore come una serpe. Gesualdo Bufalino” Già, è più che legittimo chiederselo e personalmente penso che sia bene scaldarsi con quella parte di memoria che vale la pena di evocare. Ci pensavo stamattina, perché mi sono goffamente messo a fare dei calcoli, da cui risulta che 45 anni fa di questi tempi cominciai a fare il giornalista, naturalmente in erba. Ero a Torino per l’Università e il tarlo che mi rodeva, dopo una prima esperienza selvaggia da liceale in una radio libera, era quello che mi ero messo in testa: diventare giornalista. Mio fratello Alberto aveva organizzato un’audizione a Radio Reporter 93, frizzante radio privata del tempo, con all’ascolto del sottoscritto che si trovò al microfono un plotone di esecuzione. Il proprietario della radio, Bruno Galetto, purtroppo morto giovane, il direttore artistico, Piero D’Amore, mancato poco tempo fa e il direttore responsabile, Gabriele Isaia e quello amministrativo, Bruno Boveri. Pur tremebondo qual ero, passai la prova e fui arruolato in questa banda affiatata e divertente, di cui ero la mascotte, confezionando con la bella e brava Luciana Santaroni i notiziari quotidiani. Esperienza formativa con uno stuolo di DJ di primissimo ordine e grande carriera successiva come Mixo, Maurizio Eynard, Nicola Maria Fioritti e mancai per poco un amico del Liceo, oggi a Radio Montecarlo, Maurizio Di Maggio. La chioccia era il già citato D’Amore, in più pittore artista, che con la sua voce cavernosa e l’aplomb del tombeur de femmes recitava lo slogan “Radio Reporter 93 – La musica più bella del mondo”. Che bello ripensarci e quanto mi piacerebbe una macchina del tempo per rientrare in quegli studi pieni di vita e con quei programmi in diretta che davano il senso pulsante di una radio privata che profumava di libertà e di ingegno. Se misuro il tempo passato mi sento vecchio come il cucco. Sono convinto, però, che è proprio il depositarsi delle esperienze, in una logica di stratificazione di conoscenze e di opportunità, che forgia la nostra personalità. Certo bisogna avere fortuna e io l’ho avuta, vivendo quell’epoca di liberalizzazione dell’etere, che consentiva anche a noi giovanissimi di esprimerci e di fare esperienza, bruciando le tappe. Una stagione unica e irripetibile, per alcuni versi simile a certi aspetti innovativi e liberatori del Web e dei suoi possibili impieghi che ormai si affollano attraverso le loro plurime possibilità di utilizzo. Se qualcosa ho capito e fatta salva la possibilità che ebbi di sfruttare delle chances, bisogna - quando capita l’occasione - di buttarsi a pesce, senza troppi tentennamenti e darsi da fare sino in fondo, quando arriva il momento. Ho avuto una storia simile, anni dopo, per l’ingresso in politica e anche allora il tuffo nell’avventura si prospettava molto rischioso. Caro Luciano, come mi piacerebbe, anche solo per una manciata di minuti, incontrare quel me stesso, chiuso nello studio, dietro il vetro con un grosso microfono direzionale di fronte a me con il cuore in tumulto di fronte ad una prova che pareva un esame. Certi momenti di strizza servono a crescere.