Le parole vanno sempre trattate con grande attenzione, sia che le si pronunci sia che le si scriva. E bisogna sempre, nel limite del possibile, pesarle per come ci escono e come vengono recepite. Scriveva Luigi Pirandello: “Come possiamo intenderci se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e il valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?”. Sono stato ad una bella manifestazione nelle scorse ore in cui sono diventati “giusti fra le Nazioni” due abitanti di Saint-Vincent, paese dove vivo. Il riconoscimento a Monsignor Louis François Alliod e al medico Osvaldo Salico è avvenuto, grazie a Pigi Crétier attento cultore della storia locale, che ha ricostruito in modo certosino le azioni coraggiose dei due a protezione di famiglie ebree, che sono riuscite a sfuggire alle persecuzioni nazi-fasciste, che si sarebbero concluse in un campo di sterminio. Questo lavoro ha sortito il riconoscimento da parte dello Yad Vashem di Israele che decide in merito. Una cerimonia a tratti commovente e certo lo è stata per me la lettura da parte di mio figlio Alexis di un piccolo brano tratto da un libro di Primo Levi, pensando che suo nonno, per aver aiutato ebrei in fuga a raggiungere la Svizzera dopo le orrende leggi razziali di Mussolini, è stato considerato “giusto” dalla Comunità ebraica di Torino. Ma torniamo alle parole. Ne propongo tre alla vostra attenzione e di fatto nascono nell’alveo delle reazioni del dopoguerra alla immane tragedia degli ebrei e della soluzione finale del nazismo, di cui il fascismo fu squallido complice, seguendo la follia hitleriana. Si tratta di revisionismo, riduzionismo e negazionismo. La prima parola non è una parolaccia: è legittimo, nel limite del razionale, che ogni storico possa modificare, documenti alla mano, teorie storiche anche consolidate. E’ avvenuto spesso e ancora avverrà. Ma sull’Olocausto agisce in maniera più o meno evidente il riduzionismo, che tende a sottostimare la tragedia della Shoah e i crimini nazisti. Sono gli stessi che in Italia cercano i lati “buoni” del fascismo con un cumulo di menzogne o giocano con il benaltrismo, spostando l’attenzione sui gulag, sulle foibe e cioè sugli orrori del comunismo, come se servissero da chissà quale lenitivo rispetto alla singolarità terribile dell’Olocausto. Infine il negazionismo rifiuta aprioristicamente qualunque documento o testimonianza che attesti l’esistenza dello sterminio. Ha scritto Bernard-Henri Lévy: “Si crede che i negazionisti esprimano un’opinione: essi perpetuano il crimine. E pretendendo d’essere liberi pensatori, apostoli del dubbio e del sospetto, completano l’opera di morte. Occorre una legge contro il negazionismo, perché esso è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio”. Le leggi, per fortuna anche in Italia, sono state fatte, ma non riescono a fermare la fogna a cielo aperto del negazionismo. Oggi il termine negazionismo si espande: lo abbiamo visto in maniera drammatica con i movimenti anti-vaccinisti. Gli argomenti portati a discredito delle vaccinazioni sono completamente infondati: presenza di mercurio o alluminio nei vaccini antimorbillo, connessioni con effetti collaterali gravi di cui si è ampiamente dimostrata ogni infondatezza (dovrei essere morto da tempo secondo certi annunci mortuari dei No-Vax) Tali inesattezze scientifiche sono comunque spesso mescolate sapientemente con elementi complottisti e con argomenti di sicuro impatto comunicativo (soprattutto in Italia): governi e politici corrotti, scienziati prezzolati, produttori dei vaccini rapaci. Un’accozzaglia di cose che oggi si allargano da parte degli stessi soggetti in una specie di delirio collettivo. Mi limito a ricordare le logiche filorusse sulla guerra in Ucraina, ribaltando la realtà dei fatti oppure chi sbeffeggia il cambiamento climatico in corso come se fosse una grande cospirazione e aggiungerei chi pensa che IT-alert sia chissà quale terribile minaccia alla propria privacy.