Mi mette tristezza la rimozione definitiva ad Aosta delle poche cabine telefoniche sopravvissute. Intendiamoci: morte erano già morte e restavano come cimelio del tempo che fu, investite senza scampo dall’incedere di sua maestà il telefonino, di cui siamo ormai schiavi. Ci pensavo in modo fulmineo, guardando una specie di annuncio mortuario affisso dalla Telecom sulle predestinate alla scomparsa con data di cancellazione, mentre rientravo al lavoro dopo aver dimenticato il telefonino sulla scrivania, ottenendo in una riunione di due ore uno strano spazio di libertà. Impossibile spiegare ai giovanissimi che cosa siano state le cabine telefoniche nella vita delle generazioni come la mia. Erano l’unico legame con il mondo. Mi vedo, nella cabina che c’era alla pesa pubblica di Aosta, amoreggiare al telefono con la fidanzatina. Oppure in una delle cabine vista Arco d’Augusto, mentre detto una notizia quando ero giovanissimo corrispondente RAI. C’erano poi le cabine delle vacanze: quando ero al mare ad Imperia la mia preferita era vicino all’edicola dei giornali sul lungomare. In Valle d’Aosta la mappa mentale delle cabine (o dei telefoni a scatti nei locali) era esercizio di memoria, così come avere a mente i numeri di telefono, che ho ancora in testa, mentre oggi non so neppure il telefono dei miei figli, perché tanto ce l’ho registrato! Trovo sul sito Upgo.news, scritto da Maya Sonetti, un riassunto mirabile della storia delle cabine, che funge ormai da epitaffio. Raccontata la storia avvincente delle cabine rosse inglese, vero e proprio arredo urbano del passato, e ricorda poi la storia italiana: “Le prime cabine telefoniche sono state installare in Italia (nelle più grandi città) nei lontani anni cinquanta, quasi 30 anni dopo l’installazione londinese. La prima cabina telefonica in Italia in venne installata il 10 febbraio del 1952, in Piazza San Babila a Milano. È curioso sapere che l’iniziativa dell’installazione non derivò dal Comune di Milano o da enti dello Stato, bensì dall’azienda concessionaria Stipel”. Già la Stipel, ricordo confusamente quando ero bambino i miei genitori, con il severo telefono nero a rotella che campeggiava nell’ingresso di casa, che chiamavano le “signorine” della Stipel per mettersi in linea con il numero desiderato. Sembra il Giurassico e invece il tempo trascorso non è così eterno. Più avanti scrive Sonetti: “Negli anni sessanta/settanta del XX secolo le cabine telefoniche italiane divennero un elemento immancabile delle città italiane. Basti pensare che solo nel 1971 in Italia vennero c’erano ben 2500 cabine e che alla fine degli anni settanta tale numero ammontava a 33000. Era l’epoca in cui le cabine telefoniche erano ormai largamente diffuse in tutte le città”. In tasca avevamo tutti il gettone o lo ottenevi con l’inserimento delle monete necessarie, che ad un certo punto sostituirono pure il gettone. Ancora l’articolo: “Il 1976, invece, è l’anno in cui vennero usare le prime schede telefoniche prepagate. Al tempo era soltanto un esperimento che, però, ebbe un discreto successo tanto che negli anni successivi le schede aumentarono a dismisura. Oggigiorno, però, sono soltanto degli oggetti di collezionismo simili ai francobolli o alle banconote antiche”. Dal telefono a disco si passò poi a quello a tastiera, mentre gli ultimissimi modelli – non solo più monopolio Sip-Telecom – avevano una forma più moderna. Fra gli anni Novanta e Duemila inizia la fine di queste cabine telefoniche e dei telefoni in esse contenuti e l’ultimo gettone telefonico venne prodotto il 31 dicembre 2001. Amen. La vera fine tardò ancora, come annota Sonetti: “I telefoni pubblici, – e le cabine telefoniche annesse, – sono state considerate dalla Repubblica Italiana come non più strettamente necessari soltanto nel 2010. La decisione venne comunicata alla cittadinanza tramite una delibera dell’Agcom a sua volta pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Proprio alla fine del 2010 Telecom Italia decise di rimuovere tutte le cabine telefoniche presenti sul territorio dello Stato Italiano. Tuttavia l’intero processo venne considerato come molto lungo e difficile da svolgere, motivo per cui alla rimozione delle oltre 103.000 cabine presenti sul territorio dell’Italia nel 2011 (la rimozione doveva avvenire nell’arco di 4 anni e terminare nel 2015), Telecom preferì sostituire le cabine con quelle di nuova generazione. Molte cabine vennero comunque rimosse (nel 2012 si stimava il numero delle cabine telefoniche sul suolo italiano in 97.376), mentre la maggior delle restanti venne modernizzata. Ciononostante, il Governo Monti decise di continuare la rimozione di tutte le cabine telefoniche tranne quelle presenti negli ospedali, scuole, caserme, aeroporti, stazioni. Telecom Italia, dal canto suo, continuò a modernizzare le cabine telefoniche italiane mettendo a punto la “Cabina telefonica intelligente”. Quest’ultima venne ufficializzata e installata per la prima volta e in via del tutto sperimentale a Torino, il 2 aprile del 2012. Oltre a offrire la possibilità di effettuare la chiamata verso un qualsiasi numero mobile o fisso, questa cabina includeva anche l’accesso al web a un serie d’informazioni utili alla persona”. Tutto inutile: le cabine erano ormai nel braccio della morte e la definitiva decapitazione è segnata. Ogni tentativo di riuso ha assunto aspetti divertenti e purtroppo inutili: dalle serre urbane o fioriera alla cabina acquario, dalla libreria libera al microbar, da sede di un defibrillatore a stazione di ricarica per le bici elettriche. Niente da fare….