Ci voleva davvero un riassunto breve ed efficace delle ragioni dell’identità del popolo valdostano e del nostro Pays d’Aoste. In molti ne hanno scritto - anche io qui, spesso - ma il recentissimo libro (nello stesso volume il testo sia italiano che francese) di Joseph-Gabriel Rivolin è efficace e completa. L’ho letto di getto, come avviene per le opere riuscite e ho annotato a margine molti spunti utili. So che, essendo amico ormai da tempo immemorabile di Joseph, potrei essere accusato di benevolenza, ma vi assicuro che il suo sforzo riassuntivo è mirabile e fra le righe chi lo conosce può anche notare alcune stoccate agli…ignoranti. Scrive nelle prime pagine: “Questa decisione è stata presa constatando che l'opinione pubblica valdostana sembra sempre meno cosciente delle ragioni che hanno motivato a suo tempo il riconoscimento del diritto all'autonomia regionale, e che questa scarsa conoscenza rischia di provocare l'indifferenza nei confronti dei valori della politica e dei doveri civici: un pericolo reale, il cui sintomo più preoccupante è la caduta verticale del numero di elettori che si recano alle urne. La recente pandemia ha aggravato la situazione, uccidendo un gran numero di persone anziane, appartenenti alla generazione che aveva conosciuto, durante l'adolescenza e in gioventù, la lotta per l'autonomia e i tempi "eroici" ed entusiasmanti delle sue prime applicazioni, quando la Valle d'Aosta poté finalmente uscire con le proprie forze da una secolare condizione di povertà e di soggezione politica. La loro scomparsa ci priva dei loro ricordi e della loro preziosa testimonianza; di qui la necessità di ricorrere a iniziative tendenti a perpetuare, per quanto possibile, la memoria dei fatti e delle personalità del nostro passato, che ritengo essenziale per una corretta comprensione della realtà che oggi è la nostra: ”conoscere per capire" è il sottotitolo di queste pagine, che si rivolgono in primo luogo ai Valdostani e principalmente alle nuove generazioni, ma anche a tutti coloro che amano la Valle d'Aosta e vorrebbero conoscerla meglio”. Sfida riuscita! La logica identitaria passa attraverso capitoli assai interessanti, cominciando dal territorio: “Il paesaggio valdostano, il nostro topos identitario, è dunque il risultato di trasformazioni dell'ambiente naturale, ma che ha soprattutto consentito ai nostri antenati di approfondire la conoscenza dei meccanismi di riproduzione della natura. Dato che la sopravvivenza delle comunità locali era strettamente legata ai ritmi stagionali e alla possibilità di rinnovare permanentemente le risorse agricole, la gestione del territorio doveva tener conto di tutta una serie di dati e di nozioni, ossia di un savoir faire raffinato applicato all'ambiente, riguardante la protezione degli spazi produttivi (campi, pascoli, foreste, sorgenti...) e la perpetuazione della possibilità di utilizzarli nel modo più razionale e profittevole: evitando accuratamente, ad esempio, di costruire sui migliori terreni agricoli della ”plaine". La distruzione della natura bruta e la salvaguardia della natura addomesticata sono quindi due aspetti complementari della percezione dello spazio nella mentalità tradizionale, che in questi ultimi decenni ha subito un'evoluzione, volgendosi verso forme di sfruttamento del territorio più speculative e meno conservative”. Seguono approfondimenti sui fattori genetici con la storia delle immigrazioni che hanno forgiato i valdostani di oggi e poi la questione linguistica attraverso guerre e conquiste come carattere forte dell’identità. E poi: “Dopo aver lungamente esaminato l'aspetto linguistico dell'identità valdostana il logos, si approda al quarto elemento caratterizzante un popolo, 'ethos, ossia l'insieme dei valori tradizionali, religiosi, civili e morali. Valori e regole di convivenza che in Valle d'Aosta hanno preso, nel corso dei secoli, forme specifiche, contribuendo a differenziarla dalle realtà istituzionali circostanti. Una volta di più, è necessario partire dall'identità geografica della regione (il topos), dal suo "intramontanismo" ossia dalla sua particolare posizione nel cuore dei massicci più elevati d'Europa, messa in evidenza nel Seicento dal vescovo di Aosta Albert-Philibert Bailly per spiegare il particolarismo valdostano in rapporto alle due ”patrie" principali, la cismontana (la Savoia e dintorni) e l'ultramontana (il Piemonte e territori annessi), dalle quali era composto lo Stato sabaudo: ”ducatum istum [Vallis Augustana] non esse citra neque ultra montes sed intra montes" (questo ducato [della Valle d'Aosta] non è né al di qua, né al di là dei monti, ma tra i monti). L'autorità religiosa e il potere civile hanno utilizzato questa diversità geografica e hanno contribuito a mantenere nel corso dei secoli la stabilità dei confini della regione e la sua omogeneità interna”. Segue l’epoca e cioè la memoria collettiva che costruisce i caratteri identitari, che si trasformano nel tempo. Fino appunto ad uno dei pensieri conclusivi di Rivolin: “Il concetto di identità non si oppone, dunque, all'idea di evolu-zione, anzi è il contrario. Non c'è vera evoluzione se non c'è sviluppo delle potenzialità che caratterizzano l'individuo o il popolo, cioè delle potenzialità identitarie. Lo slogan "tradizione e progresso" non è certo una formula vuota: esprime una necessità vitale per qualsiasi società”. Applausi a Joseph, uomo di cultura e profondamente legato alla storia valdostana, ma senza mai perdere di vista le sfide attuali, decisive per mantenere i caratteri distintivi della nostra specialità, senza atteggiamenti museali.