Un ottimista sta in piedi fino a mezzanotte per vedere l’Anno Nuovo. Un pessimista sta in piedi fino a mezzanotte per essere sicuro che l’anno vecchio sia passato. (Bill Vaughan)
Eccoci ai rituali auguri di ”Buon Anno” o, come si dice da noi, ecco il tradizionale ”Treinadan”, augurio di noi valdostani, che fa anticipato con chiunque si incontri nel nuovo anno. Un saluto gioioso, usato per interloquire con parenti e amici, transitato nel francoprovenzale - lingua neolatina - proprio dal latino "strena(m)", "augurio" e "dono augurale", che si usava dare e dire all'inizio proprio del nuovo anno. Almeno oggi - anche se ho coscienza che non per tutti è possibile per le ragioni le più varie - io mi imbarco in una logica di leggerezza. Ringrazio chi mi segue nelle mie scritture quotidiane, sia chi lo fa in modo costante sia chi ogni tanto dà una semplice occhiata, chi simpatizza per me e chi non mi sopporta. Immagino che non sempre chi legge è d’accordo, ma credo che - in un mondo in cui spesso i politici dicono solo quel che un interlocutore vuol sentirsi dire - si apprezzi almeno la mia dote della franchezza. Dicevo, leggerezza. E allora saluto tutti e apro l’anno con Pablo Neruda e la sua “Ode al primo giorno dell’anno”.
Lo distinguiamo dagli altri come se fosse un cavallino diverso da tutti i cavalli. Gli adorniamo la fronte con un nastro, gli posiamo sul collo sonagli colorati, e a mezzanotte lo andiamo a ricevere come se fosse un esploratore che scende da una stella. Come il pane assomiglia al pane di ieri, come un anello a tutti gli anelli… La terra accoglierà questo giorno dorato, grigio, celeste, lo dispiegherà in colline lo bagnerà con frecce di trasparente pioggia e poi lo avvolgerà nell’ombra. Eppure piccola porta della speranza, nuovo giorno dell’anno, sebbene tu sia uguale agli altri come i pani a ogni altro pane, ci prepariamo a viverti in altro modo, ci prepariamo a mangiare, a fiorire, a sperare.