Era la fine degli anni Novanta, credo il 1997, quando comprai il Nokia Communicator 9000, che è stato il primo telefono cellulare a consentire un accesso a Internet. Uscì di scena così il Motorola MicroTAC con cui ero entrato nel mondo dei telefonini, quando già gli sms erano parsi una cosa strabiliante.
Posso dire che con quel cellulare con connessione e tastierino per scrivere iniziai a trasferire molte delle cose che prima facevo in altro modo su questo strumento digitale, iniziando ad entrare in un mondo assai diverso dal computer che già era stato un cambio significativo, compreso il primo Macintosh che mi era stato regalato nella seconda metà degli Ottanta dal mio amico Eddy Ottoz, precursore del settore informatico in Valle d’Aosta.
Ma la novità del Communicator e poi del primo IPhone che acquistai nel 2007 era la portabilità e la rivoluzione si completò con il susseguirsi della serie e oggi ho un 14 con funzionalità neppure immaginabili sino a pochi anni fa. Come tutti quelli della mia generazione si che cosa c’era prima e ho consapevolezza di che cosa portò in tasca e molte delle cose che si possono fare sono relativizzate dal mondo prima dell’avvento del digitale e questo mi aiuta contro le molte insidie di questo mondo digitale così immersivo e totalizzante.
Nella terra di mezzo ci sono stati anche i miei figli ormai grandi, che sono nati poco prima dell’avvento della rivoluzione digitale, che galoppa ormai senza sosta e bisogna stare sempre all’inseguimento per non perdere novità che si susseguono, come l’Intelligenza Artificiale che affascina e inquieta nello stesso tempo. Ma sono tecnologie cui non si può dire di no, chiudendosi ad un’espansione esaltante del pensiero umano da tenere, però, saldamente sotto controllo.
Ma con mio figlio il più piccolo, che in queste ore è uscito dalle Medie (scuola secondaria di primo grado), esiste ormai la battaglia quotidiana di noi genitori attorno ad un uso consapevole del telefonino. Leggo su questo tutto il leggibile per capire come lui, ma in parte anche io, possiamo evitare un eccesso di dipendenza da uno strumento che ammalia e ti conduce ad una soave dipendenza da cui difendersi con regole difficili da imporre e da far rispettare.
La strada del proibizionismo non è praticabile e, per molti genitori come me, la necessità di trovare soluzioni si mischia al già problematico e ribellistico periodo adolescenziale, che abbiamo vissuto noi stessi senza questa aggiunta di strumenti digitali che creano un mondo parallelo assieme straordinario e pericoloso.
Leggevo, a questo proposito, del tema significativo - e cioè come fare con la scuola - quanto scritto da Claudio Rossi Marcelli su Internazionale nel rispondere ad un lettore. Così scrive: ”Lo psicologo sociale Jonathan Haidt ha usato un’immagine molto efficace per parlare di telefoni in classe: “Per quelli della nostra generazione, che sono andati a scuola prima di internet, immaginate che a un certo punto ci fosse una nuova regola: ti puoi portare da casa il televisore, dei walkie talkie, un giradischi, li puoi mettere tutti sul banco, ti mettiamo a disposizione una presa elettrica e puoi usare tutta questa roba in classe mentre l’insegnante sta parlando. È follia pura, ma è quello che abbiamo fatto”. Effettivamente diverse ricerche sembrano dimostrare che il rendimento degli studenti è migliore nelle scuole dove non è consentito portare il telefono. In Francia, in Nuova Zelanda, in Finlandia e in Cina è già vietato; nei Paesi Bassi il divieto entrerà in vigore l’anno prossimo e una norma simile è in discussione in Inghilterra. E non basta chiedere di non tirarli fuori: “Nelle scuole in cui c’è la regola che il telefono va tenuto in tasca”, prosegue Haidt, “in pratica significa che lo devi nascondere dietro a un libro o sotto al banco se vuoi mandare un messaggio o guardare un video, perché è questo che fanno gli studenti”. Capisco la tua perplessità sul fatto che i ragazzi non abbiano il telefono nel tragitto scuola-casa. Come soluzione ideale, secondo me, la scuola potrebbe creare un luogo sicuro dove lasciare i telefoni durante le lezioni”.
Senza scaricare le responsabilità sulla scuola quando certe regole dovrebbero in primis essere dettate dai genitori, forse una soluzione interessante potrebbe essere definire nel corso degli studi dei momenti regolarmente inseriti nel calendario e non random in cui portare i telefonini a scuola. Senza falsi moralismi o eccesso di paure che possano creare reazioni inverse, bisogna educare al loro uso come risorsa e non come droga che isola e spegne,
come in parte sta avvenendo, la socialità fra i ragazzi. Basta zombie che si allontanano dalla vita reale!