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24 feb 2025

Parlare di Europa

di Luciano Caveri

Sono contento che nell’Union Valdôtaine, dove ho ritrovato la mia famiglia politica, si sia scelta la strada del confronto come chiave dei festeggiamenti per l’ormai imminente 80esimo anniversario dalla sua fondazione.

Un record di persistenza, condiviso, con qualche mese di vantaggio, dalla Südtiroler Volkspartei e anche dal ben più anziano Partito sardo d’Azione, che si è smarrito in un abbraccio pericoloso con la Lega.

Nel mondo valdostano, squagliatisi i partiti della Prima Repubblica e nate nuove sigle spesso di poca durata, l’UV resta un caposaldo importante non solo per la centralità politica e le personalità che ha espresso, ma perché è e resta un simbolo di differenza rispetto alla politica italiana. E l’Autonomia speciale si alimenta anche di questo.

Verrebbe da dire: un’eccezione, che ha affrontato decina di anni di profondissimi cambiamenti economici e sociali della Valle d’Aosta, sapendosi adeguare a seconda dei tempi.

Esercizio talvolta difficile e lo è ancor di più con le attuali accelerazioni e quei fenomeni che mutano di corsa alcuni aspetti della sostanza dell’identità valdostana. Tutti nell’agone politico devono fare i conti con la disaffezione verso l’impegno politico, la scelta di molti giovani capaci di vivere altrove nel mondo, la polarizzazione verso posizioni estreme sullo scacchiere politico, la soverchiante propaganda di nuovi media sull’opinione pubblica.

Per cui chi si è occupato come me di cercare di capire la comunicazione politica, come strumento sia per raccogliere consensi che per spiegare la specificità di un modello politico, si interroga talvolta sul da farsi. Il tema più delicato, sintomo di una malattia della democrazia rappresentativa, è la fuga dalla urne di un esercito crescente di astensionisti e anche il rischio di oblio delle ragioni profonde di appartenenza ad un piccolo popolo alpino. Ciò si riflette anche sulla partecipazione alla politica come formazione.

Ecco perché mi spiace che in fondo sia rimasta relegata ai soli fedelissimi del Mouvement una bella manifestazione svoltasi nelle scorse ore a Saint-Vincent e dedicata all’Europa.

Sapendo che l’europeismo è sempre stato un tratto distintivo dell’UV contro il rischio di chiusura al proprio interno e invece il dialogo su temi cruciali evita che il nazionalismo valdostano sia sovranismo e giacobinismo.

Il titolo, per chi ne sappia di storia, riecheggia del passato e di quella storia millenaria, che spesso non è nota ai valdostani nel senso più ampio possibile."La Vallée d'Aoste, un Pays d'Europe. L'Europe de demain, du fédéralisme et des régions”:

ci sono tante cose concentrate in quella visione cui accennavo e che dev’essere forzatamente ampia per evitare di star chiusi nel proprio orticello. E lo dico - e non appaia in contraddizione - amando quella frase che chiude il Candide di Voltaire: “Il faut cultiver notre jardin”, che è un invito al pragmatismo, alla valorizzazione del lavoro, al concentrarsi sulle cose da fare e non su chiacchiere inutili.

Non è, in questo solco, ascoltare sulla geopolitica e sul ruolo dell’Europa Enrico Letta, già politico importante e ora accademico, Gilles Gressani, fondatore e direttore del Grand Continent.

Cosi come in tema di minoranze linguistiche in Europa l’apporto interessante della basca Lorena López de Lacalle, Presidente dell'Alliance Libre Européenne. Si è aggiunto Nicolas Evrard, membro del Comitato delle Regioni e sindaco di Servoz, da anni esperti dei problemi della montagna nell’Unione europea.

Aggiungo le riflessioni interessanti sul federalismo del fiammingo Luc Van den Brande, politico e studioso di rango, così come le idee sulla cooperazione transfrontaliera e il regionalismo di Fabrice Pannekoucke, Presidebte de della Région Auvergne-Rhône-Alpes Tutti temi ripresi con capacità da Herbert Dorfmann, deputato europeo sudtirolese.

Per me, che ho fatto da moderatore, la gioia di poter cucire i diversi interventi, che immagino abbiano arricchito conoscenze e cultura dei presenti.