Viviamo tempi cupi. Se penso alla mia vita, dubito - forse con la sola eccezione dei primi tempi della pandemia - di avere avuto preoccupazioni così pressanti, come sta avvenendo in questi giorni.
Si è come soverchiati da cattive notizie, che si aggregano fra loro, creando una situazione confusa e negativa
Tengo tutto sotto controllo, perché è quando tutto attorno a noi sembra stravolgere certezze acquisite, allora come non mai bisogna concentrarsi e affrontare i fatti per quel che sono. Mi aveva colpito in passato una frase di Nelson Mandela “Il coraggio non è l’assenza di paura, ma la capacità di affrontarla”.
Quando ho visitato a Johannesburg il carcere di Constitution Hill, oggi divenuto museo, ho capito bene che cosa possa essere stata la dura quotidianità della prigionia durata complessivamente 27 anni!
L’epoca degli estremismi (per un refuso avevo scritto “epica” al posto di “epoca” e suona come sinistra profezia!) mi fa orrore e la crisi della democrazia mi colpisce nel vivo e fa sì che uno riconsideri complessivamente le priorità. In fondo tutto diventa più chiaro nel definire certi caposaldi.
Il punto di vista della propria mobilitazione, tuttavia, deve apparire chiaro e non è frutto del proprio egoismo. Albert Einstein ha scritto: “La maturità inizia a manifestarsi quando sentiamo che è più grande la nostra preoccupazione per gli altri che non per noi stessi”.
Trovo in questo non la mollezza del fatalismo rispetto agli eventi che rischiano di travolgerci, perché resto vigile e convinto che la rassegnazione sia, come stato d’animo, sempre e solo una sconfitta.
Così, in mezzo a mille pensieri, mi è venuta in mente una poesia “Élévation” di Charles Baudelaire.
Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées,
Des montagnes, des bois, des nuages, des mers,
Par delà le soleil, par delà les éthers,
Par delà les confins des sphères étoilées,
Mon esprit, tu te meus avec agilité,
Et, comme un bon nageur qui se pâme dans l’onde,
Tu sillonnes gaiement l’immensité profonde
Avec une indicible et mâle volupté.
Envole-toi bien loin de ces miasmes morbides ;
Va te purifier dans l’air supérieur,
Et bois, comme une pure et divine liqueur,
Le feu clair qui remplit les espaces limpides.
Derrière les ennuis et les vastes chagrins
Qui chargent de leur poids l’existence brumeuse,
Heureux celui qui peut d’une aile vigoureuse
S’élancer vers les champs lumineux et sereins ;
Celui dont les pensers, comme des alouettes,
Vers les cieux le matin prennent un libre essor,
– Qui plane sur la vie, et comprend sans effort
Le langage des fleurs et des choses muettes !
La forza della poesia appare evidente nel suo potere taumaturgico.
Ma l’arte aiuta anche a capire gli orrori e a creare un salutare effetto repulsivo. Penso al celebre quadro “Guernica” di Pablo Picasso, che risale al 1937. Rappresenta il bombardamento della città spagnola di Guernica durante la guerra civile. Il dipinto esprime dolore, caos e distruzione e l’impatto emotivo è enorme e esemplare.
Lo stesso vale per “Il terzo maggio 1808” di Francisco Goya, che risale al 1814). Mostra l’esecuzione sommaria di civili spagnoli da parte delle truppe napoleoniche, con un senso di orrore.
Oggi le immagini si moltiplicano e invadono media sempre più numerosi, la sostanza resta la stessa ed è la straordinaria capacità degli esseri umani di trasformarsi in mostri.