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26 feb 2025

Passato e presente

di Luciano Caveri

Ho fatto passare qualche giorno dalla Festa dell’Autonomia per dire qualche mio pensiero. Ciò è avvenuto per rispetto del ruolo istituzionale di chi è chiamato alle allocuzioni ufficiali e nessuno deve disturbare i loro messaggi.

In più porto nel cuore il dispiacere che questa Festa sia stata - e fui costretto ad arrendermi alla decisione - sradicata, da appena nata, dalla data del 7 settembre. A chi sopravvenne dopo la mia Presidenza della Regione nel 2008 - che fu killer della Festa - non piaceva questa celebrazione, perché l’avevo concepita io e la logica, applicata anche su altre cose, era quella della tabula rasa.

La Festa com’era stata concepita per avere una celebrazione popolare e la data era stata scelta per una serie di motivi: è il giorno del Patrono della Valle, San Grato; i Savoia compivano in quel giorno la visita al Duché d’Aoste per un’udienza generale; in più, per caso, fu il giorno di emanazione di quel decreto luogotenenziale che nel 1945 sancì la prima forma della successiva Autonomia speciale. Elementi del passato, che sostanziano il nostro presente.

Insomma la storia più profonda fusa con radici dell’attuale regime autonomistico.

Già la Storia deve troneggiare nei pensieri con riconoscenza approfondita di chi si distinse nell’impegno prima del 1945 e poi nel periodo che culminò con l’emanazione dello Statuto nel 1948. Ovviamente vanno aggiunti coloro che si distinsero nei decenni successivi, non essendo difficile ricostruire le gesta di chi ebbe nel tempo trascorso dei ruoli politici davvero significativi.

Quel che insegnano il tempo (che in genere è galantuomo) e le fasi caratterizzanti i diversi passaggi della vita dell’Autonomia Speciale è che le idee e le realizzazioni concrete camminano grazie alle gambe delle persone che si sono succedute. E bastano semplici analisi per valutare chi ha agito bene e chi male e certi distinguo sono il sale della ricostruzione storica ed è un esercizio che fa fatto per onestà intellettuale.

Non bisogna distrarsi sul punto. Cito spesso I Lotofagi (o Lotophagi) erano un popolo mitologico citato nell’Odissea di Omero. Il loro nome deriva dal loto, una pianta dai frutti dolci e inebrianti di cui si nutrivano. Secondo il racconto, Ulisse e i suoi compagni approdarono nella loro terra durante il viaggio di ritorno a Itaca. Alcuni uomini mangiarono il loto e subito persero la memoria e il desiderio di tornare a casa, volendo restare per sempre con i Lotofagi. Ulisse dovette trascinarli a forza sulle navi per riprendere il viaggio.

L’episodio è spesso interpretato come un’allegoria del pericolo della dimenticanza e della fuga dalla realtà, un tema ricorrente nei miti e nelle letterature antiche.

I “nostri” lotofagi sono coloro che vogliono restare nell’indifferenza, pensando che certi impegni per l’Autonomia siano un puro esercizio di stile o argomenti cui sottrarsi per una loro supposta inutilità.

In molti vivono come apolidi in Valle d’Aosta, considerando le radici come una cosa passata, le tradizioni roba da museo, l’identità come un fantasma del passato. Il peggio, insomma. Anche se forse il peggio è chi, come le marmotte fanno in primavera dopo il letargo, si risvegliano solo per presentarsi alle elezioni.

Ma esiste un secondo rischio ed è quello, in fondo inverso, di vivere solo del passato e adagiarsi su quanto è stato fatto. Mentre il flusso della storia obbliga a reagire qui ed oggi sugli scenari nuovi e impegnativi. Chi guarda solo indietro si rischia di trasformare in una statua di sale come nella Bibbia. avvenne per la moglie di Lot. Quando Dio decise di distruggere le città di Sodoma e Gomorra a causa della loro corruzione, inviò due angeli per avvertire Lot e la sua famiglia, dicendo loro di fuggire senza voltarsi indietro. Tuttavia, mentre fuggivano, la moglie di Lot disobbedì all’ordine divino, si voltò a guardare Sodoma e fu trasformata in una statua di sale.

Il significato simbolico di questa storia è spesso interpretato come un ammonimento contro l’attaccamento al passato (e una mancata obbedienza agli ordini divini, ma questa è altra storia).