Prima Cogne con il fondo ed è stato un grande ritorno, dopo anni di magra, con l’atleta valdostano, l’amato Federico Pellegrino. Ora le gare di sci alpino a La Thuile, il cui eco è stato straordinario per la coppia di sciatrici, la nostra Federica Brignone valdostana che ci tiene alla sua terra e Sofia Goggia, che conosce e frequenta da sempre la nostra Valle.
Direi che sono stati degli atti di giustizia per una Valle d’Aosta troppo spesso esclusa dai circuiti internazionali delle discipline della neve.
L’ho vissuto quando avevo deleghe sullo sport e avevo scoperto meccanismi non condivisibili alla base delle scelte non sempre eque e logiche, sapendo che le località valdostane hanno le carte in regola per manifestazioni di livello che si debbono svolgere in montagna.
Noi siamo e restiamo la quintessenza della montagna alpina con la possibilità di ospitare grandi eventi.
Ero talmente arrabbiato, tanti anni fa, lche inventai a Pila il parallelo di Natale come una sorta di risarcimento per avere i big maschili sulle nostre nevi.
Quest’anno le donne in due SuperG sono state emozionanti sulla pista dedicata al grande Franco Berthod. Una sorta di balsamo, dopo le delusioni per la discesa libera maschile fra Zermatt e Breuil-Cervinia per due anni impedita dal maltempo e ho vissuto dal vivo, a due passi dal Cervino, la tristezza di una organizzazione straordinaria finita nel nulla.
Vedere, invece, la riuscita in questa stagione riempie il cuore di gioia. Guardavo i giovani degli sci club, stipati nelle gradinate (compreso mio figlio più piccolo) all’arrivo del SuperG con i loro striscioni, le loro grida, l’eccitazione per un evento inusuale.
Lo sport resta una grande medicina in un epoca in cui il Web li assorbe grandemente e la socialità si riduce al lumicino. E avere atleti come modelli è fondamentale e sono esempi utili. Sono sempre stato sciatore, sin da piccolo e ho fatto gare dí da bambino con scarsi risultati. Faccio sempre ridere gli amici, dicendo che ancora oggi - quando mi capita di essere per gare amatoriali al cancelletto di partenza - sono invaso da una vera e propria ansia. Quanto non mi capita quasi mai in altre occasioni ben più impegnative.
Sciare però resta un’esperienza bellissima e ho testato tutte le nevi possibili e con orrore testo un mio ginocchio malconcio e guardo l’età che avanza per un possibile stop.
Certo i miei modelli irraggiungibili sono legati alla storia di quando ero un ragazzo e si riferiscono alla definizione “Valanga azzurra” che fu scritta su la Gazzetta dello Sport dal giornalista Massimo di Marco. Il 7 gennaio del 1974 nello slalom gigante di Berchtesgaden, Baviera orientale, al confine con l'Austria, cinque sciatori azzurri si classificarono nei primi cinque posti. Erano Piero Gros, Gustav Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna. Entrarono così nella leggenda dello sci.
Quello degli anni 70 fu infatti il decennio d’oro dello sci italiano - ai cinque citati si aggiunsero anche Rolando Thöni, Herbert Plank, Paolo De Chiesa, Fausto Radici, Stefano Anzi, Marcello Varallo, Franco Bieler e altri - capace di mettere a referto tra il 1970 e il 1979 46 vittorie in Coppa del mondo, 156 podi, con la conquista di cinque Coppe di cristallo assolute, 4 di gigante e 2 di slalom, 2 ori, 2 argenti e 2 bronzi alleOlimpiadi, 4 ori, 1 argento e 1 bronzo ai Mondiali.
Noi li seguivamo ammirati in televisione!
Poi sulla loro scia apparve come una tragica meteora Leonardo David, che mai ha avuto giustizia per le sue sofferenze e i vertici dello sci si sono dimenticate le promesse alla famiglia e alla Valle d’Aosta, che erano un obbligo morale, di ricordarlo ogni anno con una gara di Coppa del Mondo a lui dedicata.
Mai avvenuto. Che vergogna!
Consiglio sulla “Valanga azzurra” il documentario di Giovanni Veronesi su RaiPlay.