Leggo dell’accordo in fieri su Gaza e gioisco. Arriverà la colomba della pace?
Ma faccio un passo indietro: l’altro giorno, dalla finestra del mio ufficio la manifestazione su Gaza che anche ad Aosta è avvenuta con un incrocio fra studenti medi e persone aderenti allo sciopero voluto dalla CGIL (sempre più partito politico e meno sindacato).
Gli slogan scanditi, tipo “Palestina fra il fiume e il mare” (che presuppone la scomparsa di Israele), erano gli stessi del resto d’Italia, senza la coda di violenze e saccheggi di chi nelle grandi città imbratta le intenzioni pacifiche. Sono i soliti noti detti “antagonisti” di una galassia che andrebbe davvero punita, perché il sacrosanto diritto a manifestare corrisponde a doveri nei comportamenti.
Fa impressione questa mobilitazione così vasta per i palestinesi: ricorda - come conoscenza non diretta - quando il Vietnam divenne simbolo contro gli Stati Uniti o - invece vissute - le manifestazioni a favore dell’Iran contro lo Scià di Persia. Un vero abbaglio per la mia generazione, visto che gli slogan di allora inneggiavano a chi poi ha trasformato l’Iran in una feroce teocrazia.
Mi ricorda chi, come dicevo sulle manifestazioni attuali, finisce per infilarsi - immagino talvolta senza consapevolezza - in slogan pro Hamas e scivola nel terribile antisemitismo.
Cosa dire di quella porcheria nel corteo romano "7 ottobre giornata della Resistenza palestinese"?
E come commentare chi ha scritto « fascista» sulla statua di Karol Wojtyla, dimostrando la stupidità e l’ignoranza di chi lo ha fatto. Sarà il no all’antisemitismo di quel Papa Santo e la sua lotta contro il giogo sovietico sulla «sua» Polonia a innervosire il deficiente con la vernice.
Così come c’è chi passa disinvoltamente dalla politica internazionale alla politica interna, mostrando il volto di una polemica politica che vola alto per poi scendere in picchiata nel cortile delle dispute di casa nostra.
La Flotilla diventa così un simbolo resistenziale ignorato nel resto d’Europa, se non un po’ di più in Spagna e qualcosina in Francia. In Italia, invece, l’attenzione dell’informazione è stata spasmodica, quando la sostanza del conflitto su Gaza ha scenari ben più importanti di questa costruzione mediatica, che ha trasformato dei militanti della causa in eroi da esaltare.
Una banalizzazione complessiva di un problema delicatissimo, che obbliga a studiare storia e geografia, per evitare che gli slogan risuonino come una specie di moda e finiscano per svilire una tragedia come quella del popolo palestinese. Cui corrisponde oggi il dramma di un Paese, Israele, avvitato in una situazione politica che ha trasformato una legittima azione di risposta ad un attacco terroristico in una azione militare tremenda nei suoi eccessi barbari.
Tutto questo ha innescato un odio cieco e generalizzato verso Israele e rinfocolato quell’antisemitismo che attraversa i secoli ed è anch’esso un orrore intriso di ignoranza e odio. Così come bisogna fare attenzione a non guardare con bonomia - come certi manifestanti- all’estremismo islamico pericoloso nella sua logica antioccidentale e in una visione del mondo retriva e oscurantista.
Solo la Politica può avere la forza di uscire da questo dedalo insanguinato e spero che le recenti notizie siano una svolta vera.
Ma sappiamo come la complessità sia fatta di incomprensioni, veti e convenienze, che pesano come un macigno. E mi riferisco anche ai Paesi arabi che vivono di ambiguità verso la causa palestinese.
Chi manifesta - tranne le ali di delinquenti e di chi è accecato dalle semplificazioni ideologiche - esprime un sentimento ammirevole. Innescato in alcuni casi da un approfondimento di un dossier complesso su cui ci si è formati un’opinione, mentre in altri casi esiste un atteggiamento passivo frutto anche di strumentalizzazioni propagandistiche, che semplificano quanto invece non si può banalizzare.
Mi chiedo, tuttavia, come si spieghi il paradosso italiano con una Destra, in mano all’ala estrema, che gode di sondaggi vincenti sul piano elettorale e piazze piene, che dovrebbero rappresentare l’alternativa, e che ha invece sondaggi che frustrano ogni pensiero di chi spera in un’alternativa di Governo.
La solita Italia, verrebbe da dire, fatta anche da chi - ed è una vecchia storia nel cammino della Repubblica - non riesce mai a passare dalla protesta alla proposta.
Questo corrisponde, per altro, a certi maîtres à penser della Sinistra che dicono cose spaventose nelle ospitate tv su Gaza e, guarda che caso, anche sull’Ucraina, creando solo confusione e non proponendo mai soluzioni concrete.
Idem a Destra in una specularità inquietante, che dimostra la mediocrità del confronto politico.