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07 ott 2025

La Russia che incombe

di Luciano Caveri

Premetto che avevo in passato sulla mia scrivania delle matrioske: oggi mi danno fastidio, perché evocano la minaccia russa e non sono più, come dovrebbero essere, simboli di felicità, armonia familiare e prosperità.

Sarà infantile ma oggi non riesco a dissociarle dalla guerra e dalle minacce russe verso l’Europa.

La guerra l’ho vista di persona sul limitare del conflitto nei Balcani, visitando le zone attorno a Sarajevo, quando ero deputato. Già si sapeva della ferocia degli scontri e dell’umanità fatta a pezzi. Capirla coi propri occhi mi ha cambiato in quella fine del Novecento così denso di eventi bellici crudeli.

Certo avevo già avuto l’opportunità di vivere la guerra dai racconti di chi partecipò alla Prima e alla Seconda guerra mondiale. Lezioni di vita, utili per non dimenticare, ma essere sul posto di certi orrori era stato diverso.

Mai avrei pensato che, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 come simbolo fisico della fine della “guerra fredda”, ci saremmo trovati con la Russia così minacciosa sull’Europa, dopo la proditoria aggressione all’Ucraina.

E invece il Vecchio Continente oggi assiste alle vicende della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina e ora contro l’Europa con la guerra ibrida e ci troviamo anche con le conseguenze della guerra - innescata da Hamas - fra israeliani e palestinesi.

Oggi - lo scrivo con infinita tristezza - si evidenzia l’evidente necessità del riarmo dei Paesi europei e la seria necessità di tornare sulla strada inattuata in passato per avere un esercito europeo. Quanto necessario per le minacce di Mosca e per ovvie economie di scala. Ma anche per le bizzarrie del Presidente americano, Donald Trump, che in una logica isolazionista vuol privare l’Europa della protezione armata americana e pure sul futuro della NATO mostra tutta la sua inquietante bizzarria.

A chi mischia mele e pere, dicendo che i soldi per una difesa europea sono spendibili in altri settori, bisogna ricordare che le minacce di Putin - ormai avvolto nella senilità pericolosa del dittatore - sono serie.

Nel mio mandato al Comitato delle Regioni, che sto per perdere dopo una quindicina di anni di lavoro interessante a Bruxelles, ho ascoltato con le mie orecchie le paure espresse con una emotività spesso commovente dai rappresentanti politici dei Paesi che confinano con la Russia. Loro sanno bene, per i loro trascorsi, quanto vadano prese sul serio le intenzioni di un espansionismo russo, pieno di nostalgia della vecchia Unione Sovietica e del suo giogo sui Paesi satellite.

Mi viene in mente mio papà - prigioniero nel 1944 ad Auschwitz- che mi raccontava di un prete polacco, diventato suo amico, che gli diceva “via i nazisti, arriveranno i russi a conquistarci”. Triste profezia e si comprende bene perché i polacchi vogliano difendersi e come loro tutti gli altri popoli che hanno vissuto le dittature telecomandate da Mosca.

La Russia è un Paese allo sfascio, dove muoiono o vengono imprigionati tutti coloro che esprimano un dissenso verso il regime putiniano, che si regge - nel rapporto con gli altri - con la sola minaccia reale di un vasto armamento nucleare. Altrimenti, sarebbe oggi una vera e propria nullità sullo scacchiere mondiale.

Putin - lo si è visto di recente - coltiva un’Internazionale dei peggiori regimi e dei peggiori autocrati, avversari naturali della democrazia. Per cui disprezzo del tutto i filorussi italiani di varia fatta, che con la Russia hanno evidenti rapporti occulti.

Altrimenti non si spiega la loro propaganda subdola che si configura ormai come un vero e proprio tradimento. Mi riferisco anche ai pacifinti e ai pacifisti paciosi, che urlano contro il riarmo con malafede o con candore rispetto alla posta in gioco.

Lo si vede anche nella piccola Valle d’Aosta con alcuni gruppettari che scendono in piazza con logiche che sfuggono e soprattutto con quella ambiguità antioccidentale che non finirà mai di stupirmi.

La sovranità europea passa anche attraverso le armi in questo mondo, se vogliamo avere per l’Unione europea autonomia strategica e un ruolo geopolitico.

Sennò finiremmo per avere un guinzaglio al collo.