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14 ott 2025

Ho portato i miei figli ad Auschwitz

di Luciano Caveri

La ministra Eugenia Roccella ha suscitato forti polemiche per alcune dichiarazioni rilasciate durante un convegno organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) a Roma, in cui ha parlato dei viaggi scolastici ad Auschwitz, dell’antisemitismo e dell’antifascismo.

Lo ha fatto improvvidamente e, come spesso capita in Italia, ha cercato ex post di aggiustare il tiro, ma la frittata politica era già stata fatta.

Dovendo riassumere, Roccella ha affermato che le gite scolastiche ad Auschwitz sarebbero state valorizzate per trasmettere l’idea che l’antisemitismo fosse solo un fenomeno legato al fascismo e ovviamente al nazismo. Questo approccio, secondo lei, avrebbe portato a una rimozione collettiva del problema dell’antisemitismo contemporaneo, che invece sarebbe ancora presente e pericoloso.

Le sue parole hanno provocato una durissima reazione da parte di Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta da bambina ad Auschwitz, che ha detto: “Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito ‘gite’ i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo. La memoria della verità storica fa male solo a chi conserva scheletri negli armadi”.

Si può dire, senza essere smentiti, che nelle radici del neofascismo italiano – che ci sono anche in Fratelli d’Italia – questi scheletri ci sono, eccome!

La Ministra Roccella ha avuto un percorso politico piuttosto articolato e trasformativo, che ha attraversato diverse fasi ideologiche e partiti.

Nata a Bologna nel 1953, figlia di Franco Roccella, uno dei fondatori del Partito Radicale, e della pittrice e femminista Wanda Raheli. Negli anni ’70 è stata leader del Movimento di Liberazione della Donna (MLD), impegnata su temi come aborto, diritti delle donne e riforma del diritto di famiglia.

Poi la svolta con cambi di partito a raffica e di conseguente posizione politica. Ha assunto ormai posizioni conservatrici su temi come aborto, famiglia, gender, natalità. Paga probabilmente il fideismo di chi salta dall’altra parte della barricata.

Rispetto a questa polemica, ho pensato a mio papà che ad Auschwitz ci passò un periodo come internato assieme ad altri suoi coetanei caricati su di una tradotta ad Aosta nel maggio del 1944: aveva vent'anni quando scoprì in poco tempo cosa fosse quel gran campo ricolmo di prigionieri con una divisa bianca e nera. Erano prevalentemente ebrei che vivendo lì segregati fra mille stenti in quel campo di sterminio, perché Adolf Hitler ed il suo Nazismo volevano cancellare quel popolo dalla faccia della terra. Piano finale di un antisemitismo antico, che ancora oggi torna in superficie come una malapianta.

"Sandrino" - così chiamato per la sua piccola altezza e l'aria sorridente - capì che quei camini erano in funzione perché bruciavano i corpi dei prigionieri gassati. Io più di una volta sono stato in quel campo, oggi in territorio polacco, all'epoca zona occupata dalla Germania, e ci ho portato i miei figli «per non dimenticare».

Visite di questo genere sono come una vaccinazione contro le dittature e i regimi a diverso titolo liberticidi. Chi visita un lager ne esce pieno di commozione e di emozioni e non può che riflettere su certi fatti documentati e sulla condizione umana quando torture, uccisioni, esperimenti spaventosi, crudeltà inutili trasformano gli uomini in animali feroci e in burattini nelle mani di matti al comando. Hitler e il suo complice Mussolini possono essere in testa all’elenco, ma figurano in questo Pantheon al contrario personaggi come Stalin, Mao, Pol Pot, Amin Dada, Pinochet, Fidel Castro, Bokassa e – ancora viventi – Kim Jong-un e la sua genia, Putin, Maduro e altri ancora.

Per cui visitare un campo di sterminio serve a capire l’orrore di tutte le dittature. Quei luoghi parlano del Male e di come l'uomo sappia essere feroce con i propri simili. E con una sistematicità che sconvolge: un piano per uccidere un popolo e i "diversi". E quei luoghi parlano del Dolore, che sia fisico o morale poco importa. Perché lo sterminio era basato su un impasto di crudeltà e paura, fatto di follie come le sperimentazioni pseudomediche o la tortura quotidiana con la cattiveria come impulso per far soffrire.

Ma esistono anche "geni buoni" che aleggiano. Dagli oggetti lasciati dagli internati (giocattoli di bambini, valigie, pettini) alle camerate, dai binari dei treni della morte alle celle di reclusione, dai muri dove si sparava ai prigionieri ai carretti con cui si portavano ai forni le persone gassate. Come se oggetti si facessero parlanti e portassero nel vento le voci di chi è stato lì.

Il Bene e il Male si fronteggiano e servono per chi voglia ricavare da quei luoghi una visione della Storia che sia fatta, proprio per i troppi fantasmi e orrori che aleggiano, di speranza che quanto è avvenuto serva a qualcosa. Ad indicare una rotta, ad evitare che certi fatti si ripetano, a fondare quella fratellanza che lì sembra una bestemmia, a dire ai nostri figli che quanto è avvenuto deve essere sempre nella loro mente.