La questione della democrazia domina molti dei miei pensieri. Non sopporto più certa violenza che si insinua nei rapporti politici.
Non lo dico perché sono naïf: non penso che l’ingenuità sia un mio tratto caratteriale, anche se mi è capitato ogni tanto di cascarci.
E, comunque sia, forse aveva ragione Anatole France: ”E’ bene che il cuore sia ingenuo e che la mente non lo sia”. Nel tempo sopporto sempre meno certi eccessi di veleni e il settarismo come tratto distintivo di molti che danno al confronto su temi ideologici e su argomenti concreti comportamenti simili ad una combattimento bellico.
Mi sento in questo processo di riflessione nella necessità, molto spesso, di adoperare una espressione in francese, che ha una sua storia.
Si tratta di ”au-dessus de la mêlée”. Questa locuzione francese, che significa ”al di sopra della mischia”, si è diffusa con il titolo con questo esatto grazie ad un libro di Romain Rolland (1866-1944) apparso nel 1915.
Si trattava di una raccolta di articoli e saggi pacifisti apparsi inizialmente tra il settembre 1914 e l'agosto 1915 su giornali come il ”Journal de Genève”.
L’opera era ispirata ad un pacifismo ragionevole non può essere considerata disfattista. Rolland non chiedeva ai soldati di abbandonare il fronte o di accettare la sconfitta. Il suo appello era rivolto primariamente agli intellettuali e agli spiriti liberi di tutte le nazioni belligeranti. Li esortava a difendere la ragione e l'umanità contro l'ondata di odio e nazionalismo, considerata una malattia morale che stava distruggendo la civiltà europea.
Quindi quel suo ”Al di sopra della mischia" significava elevarsi al di sopra dell'odio e della violenza, non abbandonare la lotta per il giusto. Era un invito a mantenere una lucidità morale e a non farsi travolgere dalla "follia" collettiva della guerra. In sintesi, l'opera era un manifesto pacifista e internazionalista, un atto di resistenza morale contro l'isteria bellica, e non una richiesta di sconfitta nazionale. Per questo suo coraggio e per la difesa dei valori umani, Rolland fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1915.
Questo un passaggio della motivazione: ”Un tributo all'elevato idealismo della sua produzione letteraria, alla comprensione ed all'amore per la verità con le quali ha descritto i diversi tipi di esistenza umana”.
Molto interessante la sua amicizia con lo scrittore Herman Hesse, nato con uno scambio epistolare iniziato nell'autunno del 1914, in un periodo in cui entrambi si schierarono per la pace e contro il nazionalismo bellico, tendendosi la mano "fidenti negli stessi principi sovranazionali e inderogabili".
Dunque non a caso Hermann Hesse, gli dedicò la prima parte del suo noto romanzo Siddhartha con questa motivazione: ”Caro e venerato Romain Rolland, dacché, nell'autunno del 1914, cominciai bruscamente ad avvertire anch'io come allo spirito stesse ormai mancando l'aria, e da sponde divenute ostili noi ci tendemmo la mano, fidenti negli stessi principi sovranazionali e inderogabili – fin da allora ho nutrito il desiderio di poterLe un giorno testimoniare il mio affetto e offrirLe, nel contempo, una prova del mio lavoro e un colpo d'occhio nel mio mondo interiore. Voglia benevolmente accettare la dedica della prima parte di questa mia leggenda indiana non ancora giunta a conclusione”.
Bello pensare a queste amicizie intellettuali. Importante il rispetto fra le persone, specie quelle che hanno la qualità e le forze per volare alto, con la capacità di mettersi, essere, trovarsi, restare au-dessus de la mêlée, di tenersi fuori dagli eccessi della lotta o dai itigi, dalle competizioni a tratti violente o volgari, sapendo giudicare con serena obiettività una controversia, avendo la dote di assumere una posizione assolutamente imparziale e disinteressata che consenta di avanzare.